Ieri, 8 ottobre 2020, i giovani sono tornati nelle piazze di 100 città italiane per parlare di ambiente e di clima ma anche per
“inchiodare le persone al potere di fronte alle loro responsabilità e al loro tradimento…Nonostante ci troviamo in una pandemia globale, la crisi climatica non si è fermata. Anzi, continua ad essere ignorata e trascurata dalle persone al potere. La crisi sanitaria – scrivono gli organizzatori – ci ha mostrato le contraddizioni dell’attuale sistema economico e sociale, e ci ha costretti ad affrontare la realtà ascoltando la scienza e trattando una situazione di emergenza come tale.”
L’iniziativa è stata promossa da Fridays for Future, un movimento internazionale di protesta, composto da giovani studenti e lavoratori che decidono di non frequentare le lezioni scolastiche o di scioperare per partecipare a manifestazioni in cui chiedono e rivendicano azioni atte a prevenire il riscaldamento globale e il cambiamento climatico.
Questi movimenti giovanili, diffusi nel mondo, trovano la loro ispirazione nell’azione di Greta Thunberg, la giovanissima attivista ambientalista svedese, affermatasi come leader in grado di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sui problemi climatici, e non solo, che affliggono il nostro pianeta.
Non si può non essere d’accordo su questa lotta contro i cambiamenti climatici e le loro conseguenze. Non si tratta di opinioni, lo affermano scienziati autorevoli come quelli che si riuniscono nell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il massimo consesso mondiale di esperti sul clima che ha il compito di valutare l’informazione disponibile nei campi scientifico, tecnico e socio-economico legati ai cambiamenti climatici, ai loro possibili impatti e alle opzioni di adattamento e di mitigazione.
L’ultimo rapporto è del 2018 costantemente integrato e aggiornato negli anni successivi.
Non è possibile non essere disponibili a raccogliere, individualmente e collettivamente, l’allarme lanciato dagli scienziati sulle enormi conseguenze del riscaldamento del pianeta:
– scioglimento delle calotte polari e dei ghiacci perenni,
– aumento del livello dei mari,
– aumento in frequenza ed in intensità dei fenomeni meteorologici estremi,
– variazione della distribuzione annuale delle precipitazioni piovose,
– aumento del rischio idrogeologico e di inondazioni,
– aumento della siccità ed aumento del rischio incendi,
– aumento delle ondate di calore con conseguenze sanitarie per la popolazione,
– variazione nella distribuzione degli habitat animali, estinzione di specie,
– variazione della distribuzione nevosa,
– espansione dell’areale di distribuzione di determinate malattie trasmesse dall’acqua e dai vettori di malattie (insetti,…etc.),
– variazione della produttività agricola e della qualità/capacità nutrizionale.
Naturalmente non mancano posizioni “revisionistiche” come quelle espresse da Bjorn Lomborg nel suo libro How Climate Change Panic Costs Us Trillions, Hurts the Poor, and Fails to Fix the Planet, 2020, Basic Book, New York, puntualmente smentite da vari autori (https://www.linkiesta.it/2020/07/clima-bjorn-lomborg-tesi/) .

Una convinzione diversamente “revisionistica” viene espressa dallo scrittore Jonathan Franzen nel suo ultimo libro/saggio E se smettessimo di fingere? Ammettiamo che non possiamo più fermare la catastrofe climatica, Torino, Einaudi, 2020.
L’autore, noto per la sua produzione letteraria, sostiene che avremmo dovuto intervenire per tempo, molto prima, quando il mondo scientifico era già a conoscenza del problema, invece di fare finta.
Hanno finto quanti sostenevano che i cambiamenti climatici non erano un problema di cui farsi carico.
Hanno finto quanti hanno sostenuto di poter risolvere il problema con ricette approssimate e poco impegnative.
Adesso è finito il tempo dei “pannicelli caldi”.
Ed esprime così la sua opinione
“Volevo anche fare una riflessione sul senso che ha lo sperare in un momento in cui il mondo è destinato a sprofondare nel caos; man mano che il pianeta diventerà sempre meno vivibile. Sperare di poter evitare la catastrofe climatica è ammirevole, ma la scienza ci mostra che questo genere di speranza è ormai irrealistica. Non significa che la lotta alle emissioni di CO2 vada abbandonata, ma è altrettanto importante prepararsi ai numerosi shock che verranno. Finché continueremo a fingere di essere in grado di “risolvere” il problema del clima, correremo il rischio di trascurare minacce più immediate all’ambiente e all’ordine sociale.
L’Unione europea, ad esempio, crede che L’Europa possa diventare il primo “continente verde” semplicemente arrivando a emissioni zero. Senza entrare nel merito se l’obiettivo sia raggiungibile o meno o se possa essere realizzato senza spostare la produzione manifatturiera ad alto consumo di carbonio in altri paesi, come la Cina. L’Europa è già il continente meno sostenibile: ecosistemi moribondi, crollo delle popolazioni di insetti e uccelli, foreste monoculturali, zone ittiche spopolate e politiche agricole insostenibili. Se l’Europa resterà concentrata a senso unico sulla costruzione di centrali eoliche e solari, sarà “verde” solo di nome: neutra in termini di emissioni ma biologicamente sterile. Ed è in questo senso che conta se la catastrofe climatica può essere evitata. Dato che si tratta di una speranza irrealistica, non sarebbe meglio che l’Europa si impegnasse nella stessa misura ad aumentare la resilienza del mondo naturale e a prepararsi alle crisi umanitarie?”
(Fonte: Intervista pubblicata su https://rep.repubblica.it – 8 ottobre 2020)
Una riflessione è necessaria e la discussione è aperta ma i tempi sono stretti, molto stretti.
Bibliografia e sitografia
Behringer W., Storia culturale del clima. Dall’era glaciale al riscaldamento globale, Torino, Bollati Boringhieri, 2016
Jonathan Franzen nel suo ultimo libro/saggio E se smettessimo di fingere? Ammettiamo che non possiamo più fermare la catastrofe climatica, Torino, Einaudi, 2020
Mercalli L., Il clima che cambia, Milano, Mondadori, 2018
Ruddiman W., L’aratro, la peste, il petrolio. L’impatto umano sul clima, Milano, Università Bocconi, 2007
Storia dell’ambiente, Numero 6 Novembre 2016 de Il Bollettino di Clio