CALENDARIO CIVILE
Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico, in visita ufficiale insieme a sua moglie Sofia nella capitale della regione che nel 1908 era stata annessa da Vienna, sta sfilando con il corteo di auto per le strade di Sarajevo.
Il 28 giugno non era la data più giusta per una visita in Bosnia. I nazionalisti serbi ricordavano in quella giornata la storica sconfitta del 1389, in Kosovo ad opera dei Turchi, che avrebbe posto fine all’impero serbo e avviata l’integrazione nell’impero ottomano. La visita dell’arciduca veniva quindi considerata una provocazione dalle forze nazionaliste che si battevano contro la presenza degli austriaci nei Balcani e per l’indipendenza degli Slavi del Sud.
Per questo motivo l’associazione Mano nera, associazione nazionalistica non priva di contatti con il governo serbo ufficiale, che si batteva per la liberazione dal dominio straniero aveva deciso di organizzare un attentato tirrannicida.
Gli attentatori, sette per la precisione, erano schierati lungo il percorso. Tra questi Gavrilo Princip, un giovane studente che per una serie di coincidenze casuali fu consegnato alla storia come il responsabile principale dell’attentato. Tocco infatti a lui, dopo una serie di tentativi concitati andati a vuoto da parte dei componenti del gruppo, sparare i due colpi di pistola che ferirono a morte l’arciduca e sua moglie.
Questo episodio avrebbe messo in moto un processo che in brevissimo tempo avrebbe condotto alla dichiarazione di guerra alla Serbia e con la reazione di altri stati europei allo scoppio della prima guerra mondiale. Cominciava in quel momento, secondo l’interpretazione dello storico Eric Hobsbawm, il cosiddetto secolo breve (1914-1991): Il Novecento.
Nel 2014, a distanza di 100 anni da quell’attentato, a Sarajevo si svolsero due manifestazioni di natura politica opposta: nella zona serba centinaia di persone partecipava all’inaugurazione, nella zona serba della città bosniaca, di una statua alla memoria di Gavrilo Princip, in un’altra parte della città un concerto, sostenuto dall’Unione europea, celebrava simbolicamente l’avvio di un nuovo secolo di pace nella Vijesnica, cioè la biblioteca di Sarajevo, l’ultimo luogo visitato dall’arciduca Ferdinando, prima di essere ucciso.
“I due eventi testimoniano le perduranti divisioni nello spirito bosniaco, con un lato che promuove la pace tramite il ‘Dio salvi l’imperatore’ di Joseph Haydn e l’altro che celebra l’assassino dell’erede al trono d’Austria.” (L’Huffington Post 27/06/2014).
Se il dibattito sulle origini di questo evento è ancora aperto, più consolidate sono le opinioni degli storici sulle condizioni che lo favorirono, sulle conseguenze che esso provocò e quindi sulle trasformazioni che si determinarono con il primo conflitto mondiale.
Alla fine del XIX secolo l’Europa esercitava un incontrastato dominio sul resto del mondo. L’occupazione imperialistica di territori, una travolgente crescita economica unita allo sviluppo scientifico e tecnologico, la diffusione di costumi, usi linguistici, principi politici e valori aveva fatto sì che il vecchio continente si considerasse il centro del mondo.
A partire dal 1800 il continente europeo era il più popolato di tutti gli altri con una densità abitativa che si aggirava intorno ai 18,7 abitanti per kmq, mentre quella dell’Asia non raggiungeva i 14 e quella dell’Africa e dell’America era largamente inferiore ai 5. Nel 1850 gli abitanti per kmq erano 26,6 e diventarono 40,1 nel 1900, una cifra doppia rispetto a quella dell’Asia.
La crescita della popolazione europea fu accompagnata da un rapido sviluppo delle città. Nel 1800 in Europa solo 23 città superavano i 100.000 abitanti, nel 1900 erano diventate 135. Particolarmente significativa fu l’espansione delle capitali: nel corso di un secolo Pietroburgo vide aumentare la popolazione del 300 %, Londra del 340 %, Parigi del 345 %, Vienna del 490 %, Berlino del l’872 %.
““Le città sono piene di gente. Le case, piene d’inquilini. Gli alberghi, pieni di ospiti. I treni, pieni di viaggiatori. I caffè, pieni di consumatori. Le strade, piene di passanti. Le anticamere dei medici più noti, piene d’ammalati. Le spiagge, piene di bagnanti. Quello che prima non soleva essere un problema, incomincia ad esserlo quasi a ogni momento: trovar posto. “
Così avrebbe descritto negli anni Trenta il sociologo Ortega y Gasset la società di massa che si era venuta formando tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.
Con lo sviluppo della società di massa, se da un lato si produssero forme di assimilazione e di uniformità nei comportamenti sociali, al contempo si determinò una maggiore mobilità nella struttura delle classi sociali. La popolazione attiva in Europa tendeva a spostarsi dal settore agricolo al mondo dell’industria e dei servizi.
Il miglioramento dei sistemi di istruzione pubblica riduceva i tassi di analfabetismo e con il miglioramento delle condizioni di vita, lo sviluppo dei consumi e anche la diffusione di tecnologie più avanzate nel settore dell’editoria e della stampa si verificò un aumento del numero dei lettori di quotidiani e periodici.
La partecipazione di masse sempre più numerose ai nuovi e diversi aspetti della vita sociale ebbe i suoi effetti anche nella politica, con la nascita di sindacati e partiti politici.
Tuttavia, lo sviluppo impetuoso economico e tecnologico della società di massa non impedì di sollevare critiche e atteggiamenti di paura nei confronti dei processi di modernizzazione che si stavano realizzando in Occidente. Era condiviso il timore che con la modernizzazione si avvicinasse la fine della civiltà occidentale e cominciò a diffondersi un’atmosfera che spesso veniva paragonata a quella che aveva accompagnato la caduta dell’impero romano.
Un certo rifiuto della modernità e delle sue conseguenze diedero luogo all’idea che solo la guerra potesse fermare lo scivolamento dell’umanità verso la decadenza e un inevitabile disastro.
La guerra diventava lo strumento per riportare ordine tre le nazioni e tra le classi sociali, ripristinando gerarchie tradizionali che sembravano messe in discussione dai processi di modernizzazione.
Ma gli effetti della guerra risultaronno ben diversi dalle aspettative di quanti avevano sollecitato lo scoppio della guerra.
Le nuove tecnologie applicate al conflitto armato modificarono le strategie belliche. La nuova regola del “vedere e combattere senza essere visti” si traduceva nella guerra di trincea, nelle artiglierie posizionate a distanze chilometriche, nella mimetizzazione delle postazioni, degenerando nell’uso dei gas nervini.
Il numero delle vittime militari oscillò, secondo stime accredidate, tra i 9 e 11 milioni di morti e circa 23 milioni di feriti ai quali vanno aggiunte le vittime civili, circa 8 milioni molte delle quali a causa di carestie che colpirono le popolazioni coinvolte nel conflitto.
Alla fine della guerra l’Europa usciva non solo fortemente modificata nella sua configurazione geo-politica ma soprattutto perdente nel suo ruolo egemone rispetto alle nuove grandi potenze che si eranno affacciate sullo scenario mondiale: gli Stati Uniti e la Russia bolscevica.
SUGGERIMENTI BIBLIOGRAFICI E SITOGRAFICI
Per i suggerimenti bibliografici e sitografici sul tema, vista l’enorme mole di studi sulla prima guerra mondiale ci siamo concentrati su un’unica fonte che ci pare particolarmente ricca ed originale. Si tratta del sito in lingua inglese International Encyclopedia of the First World War.
Si tratta di una iniziativa che rientra nel progetto A Global War – A Global Project “1914-1918-online.” e offre un’opera di riferimento virtuale sulla prima guerra mondiale. Frutto di una collaborazione internazionale, ha coinvolto più di 1.000 autori, redattori e partner provenienti da oltre cinquanta paesi. Si basa su conoscenze di orientamento e prospettive diverse ed è accesso aperto. Il risultato finale consta di circa 1.000 articoli che verranno progressivamente pubblicati. Schemi di navigazione innovativi basati sulla tecnologia Semantic Media Wiki forniscono accesso non lineare al contenuto dell’enciclopedia.
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Verso la grande guerra
La puntata descrive il processo che portò alla scoppio della prima guerra mondiale attraverso tre date:
– 20 Maggio del 1910, Giorgio V Re d’Inghilterra, Guglielmo II, Kaiser di Germania e Nicola II Zar di Russia si ritrovano per il funerale di Edoardo VII, padre di Giorgio;
– Sarajevo, 28 giugno del 1914, il giorno dell’assassinio dell’erede al trono d’Austria che segna l’inizio dell’escalation verso la Grande guerra
– Vienna un mese dopo, il 28 di Luglio, l’Austria dichiara guerra alla Serbia.
Ospite in studio il prof. Emilio Gentile.
Elenco delle trasmissioni di storia sulla Prima guerra mondiale sul sito RAI Play