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STORIA DIGITALE: SAPERE STORICO E INSEGNAMENTO DELLA STORIA

PERCORSI DI APPROFONDIMENTO: INSEGNARE STORIA – 5

Giugno 10, 2020
Dalla Redazione

LE FONTI

IntroduzionecopsecondaIdefnsSt

La quinta lezione del percorso Insegnare storia è dedicata alle fonti storiche. L’autore parte dal concetto di tracce intese “come “la massa sterminata di “cose”, che è a disposizione di chi ha bisogno di informazioni sul passato”. Tali tracce grazie al lavoro dello storico si trasformano in fonti di informazioni e quindi in documenti a sostegno della ricostruzione storica. Attraverso molteplici attività pratiche e cognitive compiute dallo storico e descritte in questa lezione si arriva alla trasformazione delle tracce in fonti.

Di notevole interesse didattico è l’analisi che l’autore fa del differente approccio alle fonti così come si riscontra nei manuali scolastici nei quali “ogni riferimento alle fonti praticamente scompare dai testi storiografici” negando in questo modo ogni possibilità “critica dell’uso delle fonti e delle informazioni fatte dallo storico.”

Nei suggerimenti bibliografici non vanno trascurati alcuni testi, Vitali (2004) e De Luna (2004) che affrontano il tema delle nuove fonti per lo storico nell’era digitale.

Il testo è a cura di Ivo Mattozzi

Buona lettura

  1. Dal tema alle fonti

La ricerca deve, necessariamente, avere il tema come punto di partenza, nucleo di fondazione, principio di regolazione delle attività mentali. Stabilire un tema vuol dire aprire un questionario, magari soltanto mentale, che orienta la ricerca e che implica un bisogno di informazioni. A quel punto allo storico si pone il compito della produzione delle informazioni relative al tema. Per adempierlo egli deve far ricorso alle vestigia del passato, individuare tra le tante disponibili quelle che fanno al caso suo e selezionarle sapendo valutarne le potenzialità informative. Egli non potrebbe dare risposta ai bisogni di informazioni e non potrebbe formarsi gli strumenti di informazione di cui ha bisogno, se non disponesse nel suo intelletto dell’operatore di fonte. È tale operatore che gli fa pensare che ci devono essere tracce di attività del passato per mezzo delle quali egli potrebbe produrre le informazioni desiderate. Ma lo studioso deve sapere che le tracce utili vanno individuate tra le tante disponibili. Egli deve perciò riconoscere le potenzialità delle strutture informative delle tracce e trasformarle in fonti mediante operazioni tecniche e di critica del loro potere informativo e della loro affidabilità. Da quel momento le tracce diventano fonti d’informazione per la storia che egli intende costruire ed egli può applicare le sue operazioni mentali per produrre informazioni, tante quante gli riesce di produrre.

  1. Le tracce prima delle fonti

Gli studiosi di metodologia per indicare gli strumenti di produzione delle informazioni sul passato usano parecchi termini: documenti, fonti, monumenti, testimonianze. Gli insegnanti prediligono generalmente il termine documento ma usano anche testimonianze e fonti come sinonimi. Però, per la costruzione del concetto operatorio, il termine tracce è preferibile a quello di fonti per indicare generalmente la massa sterminata di “cose”, che è a disposizione di chi ha bisogno di informazioni sul passato.

Qui si sostiene che all’origine di un lavoro di ricerca non ci sono fonti o documenti, ma tracce. Infatti conviene avere un termine e una definizione capace di comprendere ogni genere di oggetto e di segno lasciato dalla presenza e dall’attività di singoli individui o di gruppi umani. Gli avvenimenti e le attività umane lasciano tracce nell’universo.

Il corso dei tempi è popolato da folle di esseri semplici, buoni o cattivi, che nacquero, vissero e disparvero senza lasciare né la loro storia né il loro nome. Ma tutti hanno lasciato delle tracce” (Ducrocq, 1971)

Ciascuna di esse può essere strumento della ricerca storiografica poiché su ciascuna è possibile compiere un lavoro di lettura, analisi, critica che permette di produrre le informazioni di cui il ricercatore ha bisogno.

Sono le tracce quelle che lo studioso trasforma dapprima in fonti potenziali e infine in documenti probatori.

Il termine “tracce” permette di chiarire che le “cose” prodotte da singoli individui o da gruppi umani non hanno fin dalle origini lo statuto di fonti per la conoscenza storica e che a conferire tale statuto è l’attività del ricercatore. Infatti, gli atti amministrativi, i trattati diplomatici, gli atti relativi alla vita privata, i segni, gli oggetti, le ossa, le architetture, i paesaggi umanizzati ecc., insomma tutto ciò a cui gli storici pensano di far ricorso per rispondere al bisogno di informazioni avevano originariamente altre funzioni da quelle informative per l’attività storiografica. Un esempio paradigmatico di come una traccia richieda pratiche e tecniche e competenze cognitive per essere trasformata in fonte è quello della fotografia aerea. Sul terreno si trovano tracce praticamente appena percettibili ma illeggibili per il ricercatore che resta in superficie, solo una fotografia aerea permette di rilevare le tracce come segni della presenza di edifici, di valli o di altri resti di attività umane. Qual è dunque lo strumento d’informazione, la traccia sul terreno o il fotogramma? Si tratta di un caso tipico in cui la differenza tra traccia e fonte si manifesta in una separazione fisica dei due statuti. (Schema)

Fonteschema

Commento allo schema

Commento schema

  1. Concetto operatorio di fonte

Il documento non esiste anteriormente all’intervento della curiosità dello storico” (Marrou, 1962)

Nella produzione di conoscenze storiche dopo aver delimitato il campo della ricerca con la formulazione del tema “tutto incomincia con il gesto di mettere da parte, di radunare, di trasformare in ‘documenti’ certi oggetti catalogati in altro modo” (De Certeau, 1977)

Queste asserzioni di Marrou e di De Certeau sono un buon punto di partenza per costruire la visione più adatta all’insegnamento, purché si abbia l’accortezza di sottolineare che prima di essere esibiti come documenti, quegli “oggetti” devono essere trasformati in fonti di informazioni.

Per essere fertile per l’insegnamento la concettualizzazione degli strumenti di produzione delle informazioni deve rappresentare il processo mediante il quale gli strumenti si formano e vengono usati dapprima come fonti, infine come documenti. Perciò essa deve contenere in sé la descrizione delle operazioni cognitive che lo studioso compie per “far esistere” le fonti storiche, per produrre le informazioni, per criticare fonti e informazioni, per accettarle nel loro valore documentario. Per questo motivo occorre chiarire che prima dell’attività del ricercatore esistono non già fonti né documenti ma solo tracce e che non esiste cosa, immagine, scritto, segno… che non possa diventare fonte storica.

  1. Il concetto di fonte storica

Un concetto di fonte, produttivo e utile per le applicazioni didattiche, implica otto idee importanti:

1) non c’è traccia che non possa diventare strumento d’informazione, se un ricercatore è capace di trasformarla in fonte;

2) non c’è corrispondenza biunivoca tra temi e generi di fonti. Le potenzialità informative per il medesimo tema possono appartenere a generi di tracce diverse;

3) lo storico può usare solo una parte minima di una traccia per produrre una sola unità di informazione;

4) il potere informativo di una traccia dipende dalla capacità dello storico di far fruttare la correlazione che egli stabilisce tra il suo tema e uno o più aspetti della traccia;

5) le potenzialità informative di ciascuna traccia sono attribuibili ad una pluralità di aspetti:

  1. a) il messaggio (quando c’è)
  2. b) il materiale
  3. c) la forma
  4. d) le dimensioni
  5. e) i segni aggiunti (quando ci sono)

6) altre potenzialità informative dipendono dal nesso che si può stabilire tra la traccia e il contesto al quale apparteneva e dal nesso tra una traccia ed un’altra o parecchie altre;

7) altre potenzialità informative dipendono dalla serie in cui le tracce sono incluse.

8) l’attività di scoperta delle tracce, delle loro potenzialità informative implicano l’idea che lo storico procede ad un lavoro complesso di produzione delle informazioni contro l’idea che le fonti esistano per lo storico e per dargli il gusto di ricavare informazioni.

  1. La produzione di informazioni

Che attività fa lo storico per soddisfare il suo bisogno di informazioni? Innanzitutto egli svolge un’attività euristica di ricerca delle tracce pertinenti e utili, poi trasforma le tracce in fonti di informazioni adatte al suo tema, infine produce le informazioni?

Il verbo più adatto per concettualizzare l’attività di sfruttamento delle fonti è “produrre” non “estrarre”, non “trovare”, non “ricavare”, per tre motivi:

1) le fonti non hanno il potere di far zampillare le informazioni per chi non ne sa riconoscere il valore ai fini della costruzione della conoscenza;

2) anche di fronte ad informazioni che lo storico assume tali e quali, egli deve sciogliere il dilemma se accettarle in tutto o in parte o se respingerle: la responsabilità di farle diventare informazioni effettivamente utili alla costruzione della conoscenza è sua e la sua decisione potrebbe essere contestata da altri studiosi.

3) Il terzo motivo è più forte: le informazioni utilizzate dallo storico non sono solo quelle che le fonti effettivamente contengono, ma anche per la massima parte quelle che egli produce per mezzo della sua attività inferenziale.

  1. Le attività euristiche

Perché la trasformazione delle tracce in fonti si compia occorre svolgere molteplici attività pratiche e cognitive. L’attività euristica può richiedere allo storico di andare negli archivi, nelle biblioteche, nei musei, nelle gallerie, sul territorio a esaminare ambienti, edifici, paesaggi, scavi…. In ognuno dei luoghi di possibile presenza di tracce da trasformare in fonti lo storico compie operazioni quali la esplorazione di cataloghi, di dossier, di insiemi di oggetti, di rilevazione e registrazione di immagini, di elementi architettonici, di elementi paesistici, di elementi sonori…,

Le attività mentali mobilitate ai fini della produzione di informazioni affidabili sono molte: lo storico osserva, legge, analizza, confronta, interpreta, critica, inferisce. Ciascuna di tali attività è resa possibile e dipende dalle competenze “filologiche” (in senso lato), dalle preconoscenze e dagli schemi mentali che lo storico si è formato nel presente della sua esistenza e dipende dalle conoscenze che lo storico ha acquisito rispetto ai contesti storici in cui le tracce furono prodotte. Il fatto che alla elaborazione delle informazioni presieda la conoscenza dei contesti storici è il motivo profondo per il quale le fonti vanno definite storiche: alla loro interpretazione non basta la conoscenza del presente come potrebbe bastare per l’interpretazione di fonti di informazioni attuali.

  1. Le fonti e la produzione delle informazioni

Lo storico sa che per sfruttare le fonti deve applicare la regola della pertinenza: tutte le informazioni devono essere pertinenti ai temi che egli intende trattare. Usa due metodi per produrre le informazioni pertinenti:

1) quello della scoperta e della selezione delle informazioni esplicitamente presenti sulla traccia;

2) il metodo inferenziale, che gli consente di produrre molte informazioni non presenti mediante una catena di ragionamenti fondati sulle informazioni esplicite e sugli schemi di conoscenza delle attività umane (l’inferenza più semplice è del tipo “se la fonte mi permette di affermare a, allora posso dire anche b, poiché so che a quel tempo e in quei luoghi ogni volta che si verifica a, si verifica anche b: ad es., se legge informazioni su una grave carestia, ne inferisce il rialzo dei prezzi, la denutrizione, l’aumento di mortalità…).

Lo studioso applica il metodo inferenziale anche al rapporto tra ciascuna traccia e il contesto al quale appartiene, o al rapporto tra ciascuna traccia e le altre della medesima serie o di altre serie. La quantità delle fonti disponibili cresce in ragione della sua capacità di costituire in fonti i rapporti tra le tracce.

Per mezzo di ogni fonte costituita egli può produrre una sola informazione o molteplici informazioni. Il problema dell’affidabilità gli si pone per ciascuna informazione che egli deve sottoporre a critica mediante il riscontro con altre informazioni collegate. Ogni informazione o ogni gruppo di informazioni prodotte per mezzo di ciascuna fonte va registrata in schede che compongono lo schedario della ricerca che ha un’importanza crescente man mano che la ricerca procede e le informazioni si accumulano. Lo schedario è la base delle operazioni della scrittura.

  1. Lo schedario delle informazioni

Lo storico elabora schede sulle fonti e registra le informazioni prodotte su schede tematizzate e cronologizzate. Lo schedario così accumulato lo aiuta sia nei riscontri, sia nella scrittura del testo. Le sue schede diverranno, anzi, le fonti secondarie personali al momento della elaborazione dei risultati delle ricerche.

Nel corso dell’elaborazione lo storico dovrà collegare ad una fonte o a gruppi di fonti ciascuna delle informazioni e delle relazioni che costituiranno il testo storiografico: è quello il modo di comprovarne la validità. A quel punto ogni fonte viene ad assumere lo statuto di documento, uno statuto che irrigidisce il rapporto tra fonte e informazione: ogni documento è esibito come fonte e prova solo per quelle informazioni accolte nel testo. Ma bisognerebbe presumere che ciascun documento potrebbe essere fonte di informazioni più numerose e diverse da quelle che nel testo storiografico sono utilizzate sia per il tema ivi trattato sia, a maggior ragione, per altri temi.

  1. I documenti: fonti nei testi

Le fonti si trovano richiamate nei testi storici sotto forma di documenti, di pezze d’appoggio per le affermazioni dello storico. Il documento, allora, è ciò che prova, è la “carta giustificativa” del fondamento delle informazioni fattuali.

Una conoscenza storica prodotta originalmente si presenta sotto forma di un testo dove l’attività di uso delle fonti e di produzione delle informazioni è esibita in tre modi:

  1. a) mediante riferimenti e analisi nel testo e soprattutto nelle note;
  2. b) mediante le argomentazioni a sostegno del credito assegnato ad una fonte o ad un’informazione;
  3. c) mediante le citazioni di brani originali o tradotti (discorsive o iconiche) di fonti.

Il lettore è continuamente messo in condizione di conoscere quali sono le tracce, di sapere dove può controllarne l’uso e di capire come lo storico si è costruito le sue pezze d’appoggio. Il testo è disposto in tal modo al controllo intersoggettivo. Anzi il testo degli storici contiene oltre che la rappresentazione del passato l’esposizione delle condizioni della sua produzione, le tracce del processo di lavorazione.

Nei testi divulgativi d’alto livello i riferimenti alla documentazione sono ridotti ma sono sufficienti a tenere desta la consapevolezza del lettore che alle origini delle informazioni che legge ci sono i procedimenti di sfruttamento delle fonti.

Ad esempio George Duby segnala la fonte attribuendo agli annali la cronologia delle incursioni norvegesi:

Prolungando un’espansione che probabilmente ebbe inizio nel tardo secolo VII, i Norvegesi vennero presto a contatto con l’area di civiltà di cui si può scrivere la storia. Gli annali collocano la data delle loro prime apparizioni nel 788-796 sulle coste dell’Inghilterra, nel 795 su quelle dell’Irlanda e nel 799 su quelle della Gallia” (Duby, 1978)

oppure Robert Mandrou dopo aver evocato una serie di rivolte abbozza una critica delle fonti:

Una lista che non è esaustiva, in quanto la corrispondenza del Controllo generale non si diffonde in modo particolareggiato su questo tema: in effetti gli intendenti come il ministro fanno di tutto per minimizzare queste manifestazioni dell’umore popolare, che possono sempre essere interpretate come un segno di cattiva amministrazione” (Mandrou, 1990)

Diverso è invece il rapporto tra i manuali e le fonti, poiché i testi storiografici dei libri scolastici tendono a occultare la genesi delle informazioni dalle tracce.

  1. Manuali e fonti

I testi storiografici che compongono il manuale derivano  come si sa  dalla trasposizione di altri testi storiografici, non dalle fonti. Ma all’origine delle informazioni fattuali, primarie e inferenziali, ci sono inevitabilmente delle tracce.

Nei manuali ogni riferimento alle fonti praticamente scompare dai testi storiografici: essi nascondono pudicamente le tracce di un lavoro che sembrano nascere solo dalla mente dell’autore del manuale. Per effetto di tale latenza, viene anestetizzata la sensibilità al rapporto tra informazioni e fonti, è spenta la coscienza del lavoro di produzione delle informazioni e dunque è negata ogni idea di possibilità di critica dell’uso delle fonti e delle informazioni fatte dallo storico.

Tale coscienza è una dimensione importante della coscienza storica e della cultura storica e gli studenti dovrebbero acquisirla man mano in modo più chiaro. Perciò occorre che nell’insegnamento si assuma con costanza il programma di Marc Bloch:

Non parlerò mai di storia come di una cosa già tutta fatta, ma come di una cosa che si fa e che si cerca. Credo che lo storico il quale, per una sorta di concessione ai supposti gusti del pubblico, avesse la reticenza di non fare mai parola del problema dei documenti, si comporterebbe esattamente come un fisico che lasciasse ignorare ai suoi ascoltatori l’esistenza del laboratorio”. (Bloch, 1980)

SUGGERIMENTI BIBLIOGRAFICI E SITOGRAFICI

Bloch M., Apologia della storia o mestiere di storico, Torino, Einaudi, 1969 (In particolare sul tema delle fonti Capitoli II-III pp.58-122)

Le Goff J. Documento/Monumento, Voce in Enciclopedia Einaudi, Torino 1978, vol.V, pp. 38-43. Consultabile a questo indirizzo (Università di Roma)

Luzzatto S. (A cura di), Prima lezione di metodo storico, Bari, Laterza, 2010 (Per un buon uso delle diverse tipologie di fonti nella ricostruzione storica)

Rogari S., La scienza storica, Torino, Utet, 2013. (Per una descrizione delle diverse fonti storiche cap.IV pp. 131-192)

Topolski J., Metodologia della ricerca storica, Bologna, Il Mulino, 1975. (In particolare i cap. XV-XVI-XVII pp. 447-497)

De Luna G., La passione e la ragione, Milano, Bruno Mondadori, 2004. (In particolare sulle nuove fonti cap. 4 pp. 99-134)

Vitali S., Passato digitale, Milano, Bruno Mondadori, 2004. (In particolare sul problema delle fonti storiche nell’era digitale).

La RAI ha dedicato un’interessante serie di trasmissioni didattiche agli archivi di Stato italiani dal titolo “Archivi, miniere di storia”.

Sul sito RAI Play si può accedere all’indice delle trasmissioni

Testi citati nella lezione

Ducrocq A. La scienza alla scoperta del passato, Bologna, Cappelli, 1971

Certeau M. de, La scrittura della storia, Roma, Il pensiero scientifico, 1977

 

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